Alito cattivo e demenza senile: un’associazione pericolosa
L’invecchiamento di per sé non è una malattia; lo può però diventare se non è di successo. In tal caso, le naturali involuzioni di comportamento conseguenti all’avanzare dell’età diventano un reale problema medico, che i clinici veterinari oggi riconoscono come disfunzione cognitiva o demenza senile simile all’Alzheimer umano. Perdita di memoria (anche recente), ridotta attività generale e scarsa adattabilità ambientale sono i tratti fondamentali di questo invecchiamento patologico che, come scrive la specialista di comportamento animale Marzia Possenti, può peggiorare anche per la concomitante presenza di malattie organiche; a tal punto che nel cane anziano risulta difficile capire il confine tra problemi psicogeriatrici su base neurodegenerativa e disordini fisici, specie a forte componente dolorosa, che molto spesso compaiono ancor prima dei chiari segni di disfunzione cognitiva.
Molte delle malattie più frequenti nell’animale anziano, dalle patologie odontostomatologiche (es. parodontopatie, stomatiti, piorrea) alle insufficienze renali, hanno comunque un denominatore comune: l’alitosi. Un problema, quello dell’alito cattivo, che può mettere a dura prova l’intimità del rapporto con il proprietario, tanto da ridurre i contatti più stretti, diminuire la razione giornaliera di baci e coccole, incentivando nel cane una percezione di rifiuto che può, anche drasticamente, peggiorare la già precaria situazione comportamentale.
L’invito di Possenti è, dunque, quello di prestare la giusta attenzione a campanelli d’allarme di cattiva salute del cane anziano come l’alitosi. Trattarla adeguatamente è un modo per accorgersi tempestivamente di situazioni organiche in atto, mantenere un buon rapporto tra animale e proprietario e, in ultima analisi, rallentare anche l’evoluzione dei segni comportamentali di invecchiamento cerebrale.