Artrosi: reumatologi a confronto
“L’artrosi può essere definita come una malattia cronica articolare in cui la persistenza di fattori che destabilizzano le strutture o la funzione dell’articolazione porta ad uno scompenso di quest’ultima, inizialmente reversibile e successivamente senza ritorno… Insomma, una via ultima comune percorsa dai diversi componenti dell’organo “articolazione”, a seguito dell’influenza negativa su loro esercitata da una variabile combinazione di cause.” C’è tutto nella definizione di artrosi con cui Mario Carrabba ha iniziato la sua relazione al III congresso nazionale di Reumatologia. Il coinvolgimento di tutte le componenti anatomiche, innanzitutto: dalla cartilagine, all’osso subcondrale, alla membrana sinoviale, a legamenti, muscoli e tendini, “che – ha affermato Carrabba – vengono in ugual misura interessate dal processo artrosico, anche se in momenti differenti.” E, poi, la multifattorialità di questa malattia, riconducibile, anche per il noto reumatologo, a due principali opzioni eziologiche: la presenza di difetti strutturali – genetici o acquisiti – che compromettono la risposta biomeccanica articolare, da una parte e l’eccessiva o protratta usura dell’articolazione, dall’altra. Carrabba si è, poi, addentrato nella complessità dei meccanismi patogenetici: dalla condrodegenerazione per morte programmata (apoptosi) dei condrociti; al ruolo essenziale dell’osso subcondrale “che, in corso di artrosi, è visibilmente interessato da alterazioni edematose, fibrotiche e/o necrotiche”; all’infiammazione, innescata e sostenuta da un cocktail di mediatori (es. citochine, NGF) non solo ad attività flogistica, ma anche degenerativa ed algica.Ed, infine, il trattamento. “L’approccio medico all’artrosi – ha detto Carrabba – è un approccio combinato, che include provvedimenti farmacologici e non …Tra i primi, importanti passi in avanti sono stati fatti nella campo della condroprotezione, con l’utilizzo, ormai su vasta scala, di sostanze come glucosamina e condroitin solfato…”. E le prospettive? Per Carrabba, sostanzialmente tre: migliorare le tecniche di “imaging” per diagnosticare sempre più precocemente l’artrosi; perfezionare le conoscenze sui meccanismi che la innescano e la sostengono; studiare sempre nuovi approcci “di fondo” che vadano, cioè, a “modificare ed influenzare l’andamento naturale della malattia.”