L’Alzheimer del gatto
“Una malattia simile all’Alzheimer nei gatti anziani”. Così “The Veterinary Record” – una delle più autorevoli riviste veterinarie, nonché organo ufficiale della “British Veterinary Association” (BVA) – intitola la news sulle alterazioni cerebrali cui il gatto può andare incontro in tarda età.
“L’aspettativa di vita – vi si legge – dei gatti domestici è aumentata e, insieme ad essa, anche la percentuale di felini che sviluppano segni di senilità. Adesso sappiamo che le modifiche cerebrali cui può andare incontro il gatto corrispondono a quelle che si riscontrano nell’uomo affetto da morbo di Alzheimer.”
Affermazione forte, importante cui la rivista dà credibilità e fondatezza riportando i risultati ottenuti dai ricercatori dell’”Hospital for Small Animals” dell’Università di Edinburgo sull’analisi post-mortem del cervello di 19 gatti di età superiore ai 14 anni e con segni clinici di disfunzioni neurologiche. “L’immunoistochimica – si legge nella news – ha rivelato la presenza di alterazioni strutturali neurodegenerative pressochè sovrapponibili all’Alzheimer umano: depositi diffusi di proteina b-amiloide e del suo precursore (APP, amyloid precursor protein), proteina tau iper-fosforilata.”
“Le ricerche pubblicate su “Journal of Feline Medicine and Surgery” – si legge in conclusione di notizia – sono ulteriori conferme delle profonde similitudini che legano l’invecchiamento cerebrale del gatto a quello dell’uomo.” Similitudini, dunque, che transitano attraverso il comune meccanismo della neurodegenerazione senile: quel variegato complesso di alterazioni cerebrali, strutturali in primis, cui va incontro il cervello sia dell’uomo che dei suoi più prossimi parenti: il gatto ed il cane.