L’artrosi secondo ... Giovannella
“L’artrosi occupa in Medicina Veterinaria una nicchia clinica importante, per impatto epidemiologico e per complessità di gestione terapeutica.” Con questa frase d’esordio, Giovannella inizia il suo trattatello sull’artrosi nel cane.
Quindici capitoli che hanno come obiettivo quello di fornire un inquadramento generale, ancorchè non approfondito, di questa malattia. A partire dalla descrizione anatomo-istologica dei tessuti componenti l’articolazione, per arrivare a descriverne le modifiche tipiche dell’artrosi: condrodegenerazione, sinovite reattiva, sclerosi subcondrale.
Un capitolo a sé è dedicato alle complesse alterazioni molecolari che sottendono l’artrosi: “un sofisticato processo di interazione – scrive Giovannella – tra vie distruttive e riparative che coinvolge tutti i tessuti articolari”.
Dopo cenni di valutazione radiografica ed artroscopica, l’Autore si concentra sui meccanismi del dolore in corso di artrosi: un dolore che ha origini meccaniche (la presenza di osteocondrofiti, ad esempio, che causa anomale trazioni intrarticolari), infiammatorie (che “origina dall’attivazione/sensitizzazione dei nocicettori periferici da parte di un variegato cocktail di mediatori rilasciati in corso di artrosi”) e, altresì neuropatiche, derivanti, cioè, dal danno diretto che le fibre nervose articolari subiscono in tali condizioni e che vede il “mastocita endoneurale” in prima linea nella liberazione di “una serie di mediatori…che avviano e/o accelerano la trasmissione centrale della sensazione dolorosa…”.
Una parte importante della pubblicazione è, infine, riservata al trattamento medico dell’artrosi, con l’individuazione degli obiettivi da perseguire e delle principali misure conservative, farmacologiche e non, da attuare in opportuna combinazione. Tra queste, un capitolo è riservato alla “terapia di fondo” o “disease-modifying”: “quella terapia – si legge – che si avvale di sostanze, diverse tra loro per struttura chimica, biodisponibilità e meccanimo d’azione, capaci di intervenire su più meccanismi patogenetici scatenanti la malattia e, così facendo, modificare l’evoluzione clinica e strutturale della malattia…controllandone nel lungo termine la sintomatologia.”
E quali, secondo Giovannella, le sostanze anti-artrosiche “disease-modifying”? L’elenco tracciato dall’Autore è piuttosto lungo: condroitin solfato, glucosamina, bioflavonoidi (quercetina), acido lipoico ed acido jaluronico.
Il fine che il clinico deve perseguire rimane, comuqnue, sempre lo stesso: “saper scegliere le opzioni terapeutiche più adatte, combinarle opportunamente, in modo tale da contrastare efficacemente il quadro artrosico, a seconda delle caratteristiche del paziente e della gravità della malattia.”