Neurodegenerazione: nuove evidenze nel cane anziano
Non è la prima volta che i patologi della Facoltà di Medicina Veterinaria di Utrecht si distinguono per i risultati ottenuti nel campo della ricerca neuropatologica applicata al cane. Già l’anno scorso avevano pubblicato sulla rivista “Amyloid” una dettagliata descrizione della placche di amiloide nel cervello di questo animale, determinandone la caratteristica localizzazione in regione pericapillarica e dimostrandone la diffusione a tutti gli strati corticali con l’avanzare dell’età. Quest’anno, la stessa rivista pubblica le ultime ricerche del gruppo di Jaime Rofina sulla correlazione istochimica tra accumulo di prodotti derivanti da alterazioni cerebrali di natura ossidativa – i cosiddetti AGE (Advanced End Glycation products)- e deposizione di proteina beta-amiloide. “Abbiamo sottoposto ad analisi immunoistochimica – spiegano i ricercatori – 28 cervelli appartenenti a cani di età compresa tra 4 mesi e 18 anni ed eutanasizzati per diverse ragioni (es. neoplasie, insufficienza renale), compresa la presenza (quattro casi) di disordini comportamentali progressivi, diagnosticati come demenza senile simile all’Alzheimer umano.” “Innanzitutto – scrivono Rofina e coll. – abbiamo riscontrato un graduale incremento dell’amiloide con l’età, fino ad arrivare ad una conclamata positività istochimica per tale proteina a partire dagli otto anni e mezzo. Non solo, ma nei casi di demenza senile le placche di amiloide erano ampiamente diffuse, in particolar modo a livello di ippocampo e di corteccia del lobo parietale…Altro dato interessante che abbiamo riscontrato è che, nei casi di franca demenza, il cervello si presenta infarcito non solo di amiloide, ma anche di ampi depositi di lipofuscina e di prodotti – gli AGE, appunto – derivanti da un danno ossidativo età-correlato.” Due, a nostro avviso, i motivi che rendono davvero importanti tali risultati. Innanzitutto, la conferma della coesistenza di diverse alterazioni neurodegenerative – sia strutturali (deposizione di amiloide) che metaboliche (danno ossidativo) – legate tra loro da un forte nesso di causa-effetto. E, poi, l’andamento progressivo della neurodegenerazione senile, che ne fa intravedere una possibile “finestra di prevenzione”, mirata a bloccare allo stadio “fisiologico” quelle alterazioni strutturali e metaboliche che, in caso contrario, evolvono verso manifesti disordini comportamentali, emozionali e cognitivi.