Perdita dell’olfatto: un segno di demenza
È quanto riporta uno studio del “National Institute of Neurological Disorders and Stroke” dell’NIH statunitense, condotto su topolini geneticamente modificati in modo da produrre elevati livelli di APP: la proteina precursore dell’amiloide, nota per essere un fattore chiave nella formazione di quelle placche cerebrali che danneggiano i neuroni, e che inducono i cambiamenti comportamentali tipici della demenza senile. Ebbene, la morte delle cellule olfattive di questi animali si rivela quattro volte superiore a quella dei topolini normali, ad indicare che la proteina da sola, anche in assenza delle placche, è in grado di indurre modifiche di tipo neurodegenerativo. Non solo, ma bloccando la produzione eccessiva di APP, i ricercatori notano che il meccanismo di morte cellulare si arresta.
Già si sapeva che altre proteine a significato neurodegenerativo (proteina tau, ad esempio) erano implicate nelle disfunzioni olfattive tipiche di malattie neurodegenerative come Parkinson ed Alzheimer. La nuova ricerca sottolinea, però, il legame diretto tra amiloide e deficit dell’olfatto, tanto che gli stessi ricercatori danno a tali disturbi il significato di veri e propri marker diagnostici precoci di demenza senile.
I dati di Medicina umana trovano riscontro anche in Geriatria Veterinaria, se si pensa che oggi la perdita dell’olfatto viene inclusa tra i parametri di valutazione comportamentale della demenza senile del cane anziano (Salvin et al, Vet J), oltre che essere invocata come uno dei motivi principali della riduzione di appetito che può accompagnare l’avanzare dell’età.