Preparare il letto alle … ferite
In medicina umana, il concetto di WBP (preparazione del letto della ferita) ha fatto la sua comparsa nel 2000, guadagnando ben presto l’importanza non solo di strumento fondamentale per la buona e rapida risoluzione delle ferite (in particolar modo croniche), ma anche come pre-requisito indispensabile al successo di qualsiasi tecnica e/o presidio terapeutico favorente la riparazione. Oggi, l’International Advisory Board della WHS pubblica un intero supplemento sulle linee guida della WBP: dalla descrizione del microambiente biologico delle ferite acute e croniche, agli obiettivi fondamentali da raggiungere con questo approccio, sintetizzati con l’acronimo inglese TIME:
T(tissue): rimuovere, con debridement episodico o continuo, le cellule non vitali/necrotiche dei tessuti che impediscono la guarigione;
I(infection/inflammation): controllare la carica infettiva batterica e ridurre l’entità dei fenomeni essudativi di natura infiammatoria;
M(moisture imbalance) : recuperare e mantenere il corretto grado di umidificazione della ferita, dal momento che sia disidratazione che eccesso di liquidi compromettono la dinamica cicatriziale;
E(epidermal margin) : assicurare proliferazione e migrazione dei cheratinociti marginali, favorendo, in tal modo, la riepitelizzazione e, dunque, la chiusura della ferita.
Le conclusioni? “Sicuramente – afferma il Board della WHS – possiamo ritenere la WBP una metodica razionale e sistematica di gestione delle ferite, da adottare rigorosamente soprattutto in quelle con tendenza alla cronicizzazione.
Per queste ferite, essa rappresenta un imprescindibile strumento per affrontarne gli aspetti più critici, quali la detersione, il bilancio batterico, il controllo dell’essudato e dell’ambiente umido, la riepitelizzazione.”