Tutto sui mastociti canini
Tzu-Yin Lin e Cheryl London non sono certo nomi nuovi nel panorama degli studiosi che, da tempo, si occupano di mastociti in Medicina Veterinaria. Questi due clinici del Dipartimento di Bioscienze Veterinarie dell’Ohio State University hanno, infatti, al loro attivo molti lavori su questo argomento, essendosi impegnati, da svariati anni, nella caratterizzazione di queste cellule provenienti da mastocitomi di cane.
Le loro ultime ricerche si sono, però, focalizzate sulla determinazione del profilo biologico di mastociti canini normali. “Per questo – si legge nell’articolo di “Veterinary Immunology and Immunopathology” – abbiamo condotto i nostri studi su mastociti provenienti dal midollo spinale di cani che afferivano alla nostra struttura per sterilizzazioni/castrazioni di routine e ne abbiamo indagato specifiche proprietà funzionali: proliferazione, attivazione, degranulazione.”
“Citochine come IL-4 e IL-10 – si legge nei risultati – si sono dimostrate particolarmente efficaci nell’indurre i mastociti a proliferare…Stimoli agonisti di natura immunologica (es. IgE) e non (es. Concanavalina A) determinavano, poi, il rilascio di una straordinaria varietà di citochine e chemochine, enzimi litici e fattori di crescita, con preponderanza di specifici mediatori come triptasi, MCP-1 e metalloproteasi di matrice (MMP2 e MMP9).”
I ricercatori si soffermano in particolare sul rilascio preferenziale di MCP-1 da parte dei mastociti:” MCP-1 (monocyte chemoattractant protein-1) induce la degranulazione dei basofili e, dunque, amplifica la risposta allergica iniziata dai mastociti stessi…Più in generale, potrebbero essere proprio le differenze nella produzione di mediatori mastocitari a spiegare la diversa predisposizione alle allergie tra una razza di cane e l’altra.”
“In sintesi – si legge in conclusione di articolo – i nostri studi hanno dimostrato che i mastociti di cane contengono un’enorme varietà di mediatori infiammatori, alcuni dei quali prodotti in quantità assai più significative rispetto a quelle riscontrate in altre specie, dall’uomo al topo…Si tratta di differenze importanti, che possono dare una plausibile spiegazione dell’alta prevalenza di disordini infiammatori mastocita-mediati che colpiscono la popolazione canina.”