Un BOA al dog show
Al di là di lustrini, pailettes, nastrini e toelettature super- raffinate, quel che è emerso dal “Westminster Kennel Club Dog Show” è la considerazione dell’inquietante morbosità che caratterizza le 400 razze di cani ufficialmente riconosciute dal Kennel Club e colpite da più di 350 patologie genetiche: dalla sordità del Dalmata, all’atrofia della retina del Setter irlandese, alla displasia d’anca di Labrador, Pastori tedeschi e Terranova, alla coagulazione imperfetta del Dobermann, alle difficoltà respiratorie di Bulldog e Pechinesi.
Oltre alle dovute riflessioni sulla sconsideratezza di manipolazioni genetiche che, in nome del “bello a tutti i costi”, hanno finito per infrangere i limiti dettati dall’etologia di una determinata specie animale e comprometterne definitivamente il benessere, ciò che emerge è l’importanza di quello che Carlo Maria Mortellaro ha a suo tempo definito con l’acronimo “BOA”. Vale a dire quella metodologia diagnostica che, basandosi sulla distribuzione preferenziale di talune patologie all’interno di una specifica razza di cane o gatto, permette di operare secondo delle priorità, fino ad ottenere elementi sufficienti a porre un circostanziato sospetto diagnostico. Il tutto con risparmio di tempo, immediatezza e maggior precisione.
Il BOA era nato inizialmente nel settore ortopedico, proprio con lo scopo di orientare la diagnosi verso quelle patologie articolari che, con maggior probabilità, costituivano il corredo tipico di una determinata razza. La situazione attuale rivelata dalla recente mostra canina ci porta, in realtà, ad estendere il BOA a tutte le branche della Medicina Veterinaria, dove, se correttamente utilizzato, può diventare strumento indispensabile non solo di diagnosi differenziale, ma anche di prevenzione precoce e cura altrettanto tempestiva.
Il sito del “Westminster Kennel Club”: http://www.westminsterkennelclub.org/