Demenza senile nel cane: il vero e il falso
La disfunzione cognitiva del cane (CCD, canine cognitive dysfunction) è l’analogo della malattia di Alzheimer umana e con essa condivide tutta una serie di involuzioni neurodegenerative, strutturali e funzionali, alla base del graduale declino delle abilità cognitive e mnemoniche. A stabilirlo è un articolo di review appena pubblicato da un gruppo di comportamentalisti americani.
Ne emerge che sui meccanismi della CCD (o demenza senile) si sa parecchio. Dalle modifiche vascolari, allo stress ossidativo, all’accumulo di proteine neurotossiche (amiloide), agli squilibri di natura neurotrasmettitoriale, alla disfunzione a carico di cellule non neuronali come astrociti e microglia. Anche i segni clinici con cui si manifesta la CCD e i percorsi diagnostici sono ormai noti e ben definiti.
Ciò nonostante esistono diverse false credenze intorno alla CCD riassunte da Curtis Dewey e coll. in tre punti chiave:
- l’opinione che la CCD non sia molto comune, quando invece rappresenta un rischio diffuso in tutti i cani anziani, specie a partire dagli otto anni di età;
- la convinzione, specie da parte dei proprietari, che i segni precoci di CCD facciano parte del normale processo di invecchiamento cerebrale. In realtà i pazienti che rispondono meglio alle terapie sono proprio quelli trattati fin dalle fasi più precoci della neurodegenerazione senile.
- la falsa idea che per la CCD non esistano trattamenti efficaci. A smentire questo luogo comune, la review dettaglia un lungo elenco di approcci combinati – farmacologici, ambientali e nutraceutici – e ne rassegna le evidenze a sostegno della loro efficacia nel ridurre i segni clinici di CCD e migliorare la qualità di vita degli animali anziani.
Dewey CW, Davies ES, Xie H, Wakshlag JJ. Canine Cognitive Dysfunction: Pathophysiology, Diagnosis, and Treatment. Vet Clin North Am Small Anim Pract. 2019 Mar 5. doi: 10.1016/j.cvsm.2019.01.013