Cartilagine: dal frammento alla molecola
A dare conferma sperimentale di queste affermazioni è il pool di ricercatori del Dipartimento di Chirurgia Ortopedica della Johns Hopkins University di Baltimora.
“Abbiamo condotto gli esperimenti – scrivono i ricercatori nell’articolo pubblicato sul numero di dicembre 2004 della rivista “Arthroscopy” – su colture di condrociti sia artrosici – provenienti da soggetti sottoposti ad artroplastica del ginocchio – che normali, quest’ultimi derivanti dalle articolazioni tibio-tarsiche di pazienti sottoposti ad amputazione per malattie circolatorie…Successivamente, abbiamo incubato entrambi i tipi di condrociti con particelle di tessuto cartilagineo ed, infine, abbiamo valutato i livelli di produzione di TNF.”
I risultati non lasciano dubbi. “Abbiamo chiaramente evidenziato che nei condrociti, sia artrosici che normali, posti a contatto con i frustoli cartilaginei, aumentano l’espressione e la conseguente produzione di TNF… A sua volta, questa citochina è in grado di indurre e potenziare il danno tissutale, sia aumentando la sintesi di radicali liberi, metalloproteasi ed altre molecole a valenza condrodegenerativa, sia compromettendo la capacità dei condrociti stessi di riparare la degenerazione in atto… Ciò sta a significare che la lesione cartilaginea non costituisce di per sé un problema. Lo è, piuttosto, perché capace di avviare una cascata infiammatoria e condrodegenerativa mediata proprio dal TNF.”
Ebbene, sì: ancora conferme che per ogni lesione macroscopica (il frustolo cartilagineo) esiste un preciso meccanismo molecolare /l’iperproduzione di TNF) che la scatena e la fa peggiorare nel tempo.
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