PEA-um: quando la dimensione fa la differenza
Uno dei principali limiti all’uso orale di sostanze dotate di funzioni biologiche è la loro biodisponibilità, cioè la quantità e velocità con cui raggiungono il target. Tale caratteristica è direttamente proporzionale alla solubilità della sostanza nei liquidi acquosi. Il che significa che sostanze potenzialmente molto utili per la salute possono avere un effetto scarso – o addirittura nullo – se nel somministrarle non si tiene conto delle loro caratteristiche chimico-fisiche. È il caso della PEA (palmitoiletanolamide), un N-acil lipide presente in natura, in una grande varietà di fonti alimentari comunemente utilizzate per l’alimentazione animale; soia, pesce e farina di frumento sono solo alcuni esempi. Inoltre, la PEA è considerata uno dei primi nutrienti: è normalmente contenuta nei fluidi che alimentano il feto (liquido amniotico e sangue di vena ombelicale) e nel latte materno. Nei mammiferi, la PEA è prodotta “on demand” (al bisogno), degradata per via enzimatica quando non più necessaria, ed è presente praticamente in tutti i tessuti e liquidi organici. È oggi sempre più chiaro che PEA appartiene ad un naturale sistema di segnale a funzione pro-omeostatica: l’aumento dei suoi livelli (attraverso l’inibizione della sua degradazione oppure tramite la supplementazione dietetica) attiva risposte “pro-resolving” e prepara l’organismo all’insulto; viceversa, la riduzione dei suoi livelli concorre al manifestarsi di segni clinici e rappresenta il fallimento di un tentativo endogeno di riparazione.
Molti studi hanno dimostrato che la PEA è dotata di funzioni importantissime per la fisiologia dell’organismo animale e il mantenimento dello stato di salute. Cionondimeno, la sua natura altamente lipofilica ne rende l’uso orale una vera e propria sfida. La PEA, infatti, è praticamente insolubile in acqua e scarsamente solubile nella maggior parte dei solventi acquosi. Come la maggior parte delle sostanze lipofiliche, il suo assorbimento è inversamente proporzionale alla dimensione delle particelle in cui risulta aggregata. Sulla base di queste considerazioni, Innovet e il suo gruppo si sono impegnati, a partire dalla fine degli anni ’90, in un progetto tecnologico finalizzato ad ottenere, selezionare e caratterizzare frazioni di PEA con particelle sempre più piccole. Nel 2010, grazie a questo forte impegno di ricerca, abbiamo scoperto che la forma a maggiore biodisponibità e quindi più attiva di PEA è la cosiddetta PEA ultra-micronizzata (PEA-um) dove il 99% delle particelle ha dimensioni inferiori a 6 micron. Questa scoperta ci ha permesso di ottenere numerosi brevetti internazionali nei maggiori paesi del mondo a protezione del know-how esclusivo frutto del nostro progetto di ricerca (es. WO2011027373, PCT/IT2009/000399, EP 2475352, CA 2738117, AU 2009352080, JP 5746178, US 8,470,373).
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