Artrosi: il parere di…
Dopo il saluto ai partecipanti e le brevi note biografiche sui relatori dette da Massimo Petazzoni in qualità di chairman dell’incontro, si è entrati subito nel vivo del problema “artrosi”. Ha iniziato Carlo Maria Mortellaro che, con l’esaustività di spiegazioni e la maestria oratoria che da sempre lo contraddistinguono, ha parlato per l’intera mattinata di clinica e patogenesi dell’artrosi. La clinica, innanzitutto. Dopo una breve introduzione sulla fisiologia dell’organo “articolazione”, Mortellaro ha parlato di artrosi “primaria” e, soprattutto, “secondaria”, elencando, con dovizia di particolari e ricco corredo iconografico, l’incredibile ventaglio di artropatie – a carico sia degli arti anteriori che di quelli posteriori – che agiscono da fattori artritogeni primari.
Sulla patogenesi, Mortellaro è stato chiaro. “Siamo di fronte – ha più volte ribadito – ad una vera e propria patologia “d’organo”, con coinvolgimento globale di tutti i tessuti che compongono l’articolazione: la cartilagine che va incontro a degenerazione; l’osso subcondrale che, alternativamente, può addensarsi (sclerosi) o rarefarsi (cisti); la capsula articolare che si ispessisce; la membrana sinoviale che si infiamma; ed, infine, l’insieme di muscoli, tendini e legamenti (unità MTL) la cui inefficienza funzionale è, al contempo, causa e meccanismo di artrosi.”
“È questa la ragione – ha proseguito Mortellaro – per cui per l’artrosi non si può certo affidarsi ad un ipotetico farmaco ideale che, d’un sol colpo (“one-shot drug”), ponga rimedio ai molteplici meccanismi di danno presenti.” Che fare, allora? “Non c’è dubbio – spiega Mortellaro- che la soluzione sta nella strategia di combinazione delle varie opzioni oggi disponibili: chirurgiche, farmacologiche, non farmacologiche e nutraceutiche.”
Strategia di combinazione sostenuta anche da Leo Brunnberg che, dopo aver ribadito l’importanza dell’approccio multimodale, si è concentrato sulle novità in fatto di diagnosi e terapia dell’artrosi. La diagnosi. Brunnberg ha presentato i suoi studi sulla mieloperossidasi (MPO): un enzima rilevato nel liquido sinoviale di 213 articolazioni artrosiche e considerato da Brunnberg “un marker attendibile di gravità”, stante la correlazione diretta con i segni clinici dell’artrosi in atto. Un accenno, infine, alla radioterapia a basso dosaggio che il chirurgo tedesco ha inserito nel panel di opzioni terapeutiche per l’artrosi, grazie agli effetti antinfiammatori già rilevati dallo stesso Brunnberg in 18 cani con artrosi a carico di diverse articolazioni e la regressione del sintomo “zoppia” anche al follow-up a 6 settimane.