Dobbiamo la nostra sopravvivenza ai mastociti
Perché i mastociti sopravvivono in tutti i vertebrati da più di 500 milioni di anni, ancor prima dello sviluppo dell’immunità naturale?
A porsi questo interessante quesito biologico è Klas Norrby, patologo biomedico dell’Università di Gotheborg (Svezia), che formula la sua risposta con una review liberamente consultabile su APMIS (Journal of Pathology, Microbiology and Immunology).
“Nell’ambito del processo di evoluzione e selezione naturale delle cellule – spiega Norrby – il mastocita si profila come un elemento unico, al centro di una triade di eventi che condizionano la capacità dell’organismo di reagire agli stimoli dannosi e, dunque, garantire la sua stessa sopravvivenza.”
E in cosa consiste questa triade di eventi? Norrby inizia spiegando il ruolo chiave dei mastociti nelle varie fasi della riparazione dei tessuti. Capaci come sono queste cellule di attivarsi e rilasciare sostanze coinvolte nelle diverse fasi riparative: dall’iniziale fagocitosi all’attivazione della risposta rimodellante dei fibroblasti.
Segue il secondo evento della triade di sopravvivenza: la capacità mitogenica dei mastociti grazie alla degranulazione di fattori (dall’eparina alle amine vasoattive) che stimolano la proliferazione di vari stipiti cellulari.
E infine, l’angiogenesi.”La formazione e la crescita di nuovi vasi – scrive il patologo – richiede una complessa coordinazione di eventi che vanno dalla degradazione della matrice extracellulare, alla regolazione delle interazioni tra cellule, alla proliferazione, migrazione e maturazione delle cellule endoteliali.” E ancora una volta è il mirabile rilascio di sostanze mastocitarie che funge da fulcro nel corretto avvicendarsi di questi fenomenti biologici.
Per tutto ciò, i mastociti hanno un significato life-promoting, capaci come sono, dalla notte dei tempi, di mediare la reattività infiammatoria e riparativa dei tessuti animali esposti a danni di qualsiasi natura e gravità.
Norrby A. Do mast cells contribute to the continued survival of vertebrates? APMIS 2022; 130(10):618-624