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Cicatrizzazione: decisivo il dressing

Al recente congresso annuale della British Small Animal Veterinary Association (BSAVA) (Birmingham, 20-23 aprile 2006), Davina Anderson, specialista in Chirurgia dei tessuti molli all’Università di Cambridge, ha parlato di “wound bed preparation” (WBP), ovverossia quella “gestione globale e coordinata della lesione cutanea, volta ad accelerare i processi endogeni di guarigione e a potenziare l’efficacia di misure terapeutiche innovative”. Tra queste, Anderson parla di bendaggi (dressing) specifici, capaci di favorire il debridement della ferita, controllare le infezioni, mantenere un’idonea umidità, agevolare la riepitelizzazione.
Cicatrizzazione: decisivo il dressing

In medicina umana, il concetto di WBP (preparazione del letto della ferita) ha fatto la sua comparsa nel 2000, guadagnando ben presto l’importanza non solo di strumento fondamentale per la buona e rapida risoluzione delle ferite (in particolar modo croniche), ma anche come pre-requisito indispensabile al successo di qualsiasi tecnica e/o presidio terapeutico favorente la riparazione. Oggi, a rimarcarne l’importanza anche in Medicina veterinaria è l’inglese Davina Anderson che, durante la sessione “Wound healing and Reconstruction” del 49mo congresso BSAVA, ha tenuto una relazione su questo argomento.
“Quattro – ha spiegato la Anderson – sono gli obiettivi che il WBP persegue: 1) rimuovere, con debridement episodico o continuo, le cellule non vitali/necrotiche dei tessuti che impediscono la guarigione; 2) controllare la carica infettiva batterica e ridurre l’entità dei fenomeni essudativi di natura infiammatoria; 3) recuperare e mantenere il corretto grado di umidificazione della ferita, dal momento che sia disidratazione che eccesso di liquidi compromettono la dinamica cicatriziale; 4) assicurare proliferazione e migrazione dei cheratinociti marginali, favorendo, in tal modo, la riepitelizzazione e, dunque, la chiusura della ferita.”
“Per tutti e quattro questi obiettivi – ha proseguito – strumenti indispensabili si sono rivelati i dressing. Gli idrogel, ad esempio, che, oltre a proteggere meccanicamente la ferita, rimuovono essudati e particelle necrotiche e/o devitalizzate; impediscono contaminazioni microbiche secondarie; creano e mantengono un microambiente ad umidità ideale per stimolare fasi essenziali del processo di cicatrizzazione, come la formazione del tessuto di granulazione e la riepitelizzazione.”
Le conclusioni? “Sicuramente – ha affermato la Anderson – possiamo ritenere la WBP una metodica razionale e sistematica di gestione delle ferite, da adottare rigorosamente soprattutto in quelle con tendenza alla cronicizzazione e/o deiscenza o con parti ossee esposte…Per queste ferite, l’uso del dressing rappresenta un imprescindibile strumento per ottimizzare gli stadi più critici per la guarigione, quali la detersione, il rischio batterico, il controllo dell’essudato e dell’ambiente umido, la riepitelizzazione.”