Prurito: le terapie di frontiera
“È il cervello che avverte la sensazione di prurito, non la pelle.” Ralf Paus usa un pregnante aforisma per sintetizzare i complessi meccanismi neurofisiologici alla base del sintomo patognomonico delle molteplici malattie della cute: il prurito.
Un percorso, quello del prurito, assai complesso che parte dalla periferia, con il coinvolgimento di un incredibile armamentario di mediatori, rilasciati, in special modo, dai mastociti dermici e capaci di attivare le terminazioni nervose periferiche; prosegue lungo le radici dorsali del midollo spinale; e, alla fine, si proietta su specifiche aree cerebrali, da cui, poi, parte la caratteristica risposta di “grattamento”. “Per anni considerato un dolore a bassa intensità – scrivono Paus e i co-autori della review – oggi si sa che il prurito viene trasmesso da sistemi sensoriali specifici, differenti dalle vie più propriamente nocicettive. In pratica, vere e proprie “fibre del prurito”, attivate da sostanze di provenienza mastocitaria (es. istamina, triptasi, NGF) ed afferenti a zone del cervello primariamente deputate alla decodifica della sensazione pruritogena.”
E le terapie? Paus dà un colpo di spugna al tradizionale approccio al prurito, fatto di sintomatici ed antinfiammatori, e punta il dito, convinto e ben documentato, su quei sistemi che l’organismo possiede naturalmente per limitare eccessive risposte infiammatorie, nocicettive e pruritogene. Paus parla, cioè, di endocannabinoidi ed endovanilloidi: sistemi assai articolati che, interagendo tra loro, regolano endogenamente le complesse vie dell’infiammazione, del dolore e del prurito.
E la Medicina Veterinaria ha già sperimentato l’efficacia di molecole equivalenti agli endocannabinoidi naturalmente prodotti dall’organismo; quelle molecole a meccanismo ALIA (aliamidi), i cui effetti antipruritogeni si sono già riscontrati nelle dermatopatie su base allergica, sia del cane che del gatto.