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Beta-amiloide nel cervello del cane anziano

Biochimici e neuropatologi dell’Università di Barcellona pubblicano su “Acta Neuropathologica” un articolo sulla correlazione esistente tra specifiche alterazioni istopatologiche riscontrate nel cervello di cani anziani e deficit cognitivo-comportamentali. La diffusa presenza di placche di proteina beta-amiloide, in particolare, va di pari passo con la gravità dei disordini cognitivi. La fosforilazione della proteina tau - alla base della formazione dei grovigli neurofibrillari tipici dell’Alzheimer umano – è, invece, tratto distintivo dell’invecchiamento cerebrale del cane.
Beta-amiloide nel cervello del cane anziano

“Il nostro studio – scrive nell’introduzione dell’articolo il gruppo di Marco Pugliese et al – si prefiggeva di aumentare le conoscenze dei meccanismi neuropatologici scatenanti i disordini cognitivo-comportamentali, tipici del cane anziano…Per questo, abbiamo analizzato – con opportune tecniche istochimiche, colorimetriche e di immunofluorescenza – il cervello di dieci cani, di età compresa tra 1 e 20 anni, il cui stato cognitivo era stato valutato con un test clinico-comportamentale precedentemente messo a punto dal nostro stesso gruppo di ricerca [NdR: Pugliese et al, Prog Neuropsychopharmacol Biol Psychiatry. 2005; 29(4):603-10]…In base a tale test, siamo stati in grado di distinguere tra soggetti non affetti da disordini comportamentali (gruppo di controllo) e portatori di deficit cognitivi, rispettivamente lievi e gravi.”
Otto anni è l’età che i ricercatori hanno individuato come epoca d’inizio della neurodegenerazione senile. Infatti, “a partire da questa età – scrivono – abbiamo evidenziato la presenza di depositi di beta amiloide, diffusi in tutti gli strati corticali e stadiati in quattro gradi, proporzionalmente all’età ed alla gravità dei deficiti cognitivi… Anche la fosforilazione della proteina tau risultava aumentare con l’avanzare degli anni, anche non si evidenziava alcuna correlazione spaziale con le placche di beta-amiloide.”
I dati raccolti sono, dunque, comparabili a quelli rilevati nell’uomo affetto da demenza di tipo Alzheimer. ”Anche nel cane – si legge nella discussione finale – la gravità dei disturbi cognitivo-comportamentali si può correlare alla densità dei depositi di amiloide nell’ippocampo e nella corteccia pre-frontale… Nel cane, in particolare, questa proteina comincia a rendersi visibile intorno agli 8 anni: un’età caratterizzata da un aumento dello stress ossidativo e da un diminuito potere antiossidante, in pratica una condizione assai sensibile ad interventi di natura dietetica, nutraceutica e comportamentale.”
Più controverso il ruolo della fosforilazione della proteina tau “che – affermano i ricercatori – si profila come un fenomeno neurodegenerativo senile indipendente dalla deposizione di amiloide, ed il cui ruolo nella genesi dei disturbi cognitivo-comportamentali del cane rimane ancora una questione aperta.”