Artrosi: ogni cosa al suo posto
Lo scorso 17 maggio, coordinati da Carlo Maria Mortellaro – Ordinario di Clinica Chirurgica all’Università di Milano e Presidente del Comitato Scientifico IOVA (Innovet Osteoarthritis Veterinary Association) – tre importanti esperti hanno messo a confronto diretto le loro specifiche competenze nel settore dell’artrosi. Ad aprire la tavola rotonda, è stato il chirurgo della Texas A&M University Don Hulse. Dopo aver individuato il gomito quale distretto articolare più suscettibile a contrarre DOD (malattie ortopediche dello sviluppo, Development Orthopaedic Disease) ad evoluzione artrosica, lo studioso americano si è concentrato sui possibili benefici derivanti dalla chirurgia. Certo, misura indispensabile per ripristinare i corretti rapporti anatomici di un’articolazione, ma meno efficace nel limitare la progressione artrosica, soprattutto se considerata come unica opzione terapeutica. “In base alla Sua esperienza, può elencarci i trattamenti medici attualmente disponibili per l’artrosi?”. Questa la domanda apparentemente semplice che Mortellaro ha rivolto poi a David Bennett (Università di Glasgow), che ha risposto con un lungo e dettagliato elenco di misure conservative: dagli approcci non farmacologici – basati sul controllo dell’alimentazione e dell’attività fisica e sulle tecniche di fisioterapia riabilitativa – alla composita farmacologia, di prima e seconda scelta, dell’artrosi. In quest’ultima, Bennett ha incluso una nutrita serie di molecole (FANS, corticosteroidi, condroprotettori, antiosssidanti, etc.) che, se sapientemente combinate in rapporto alle caratteristiche del soggetto e della gravità del quadro clinico, “possono non solo contrastare i sintomi delle recidive e delle fasi acute, ma agire anche contemporaneamente sui meccanismi “di fondo” della malattia.” Il profilo farmacologico di queste molecole è stato, infine, tracciato da Paola Badino (Università di Torino) che si è soffermata, in particolare, sul meccanismo d’azione dei FANS e dei condroprotettori.
Insomma, non c’è dubbio: anche da questa tavola rotonda è chiaramente emerso che la via più efficace per combattere l’artrosi è quella “terapia di combinazione”, basata, cioè, sull’utilizzo di più interventi, chirurgici e conservativi, combinati in modo tale da adattarsi al singolo paziente ed alle caratteristiche cliniche della “sua” artrosi.