Cane anziano: si sottovaluta la CDS
Il dato presentato al settimo meeting internazionale di Medicina Comportamentale è frutto di un’indagine epidemiologica, condotta dall’Università di Barcellona e di Pisa, sui disturbi comportamentali riportati nelle cartelle cliniche di 270 cani di età superiore ai sette anni.
Le diagnosi comportamentali – spiegano i ricercatori – testimoniano la diversa sensibilità dei proprietari nei confronti dei segni clinici che le caratterizzano. Infatti, se l’aggressività è in testa alla classifica sintomatologica, i segni caratteristici di CDS (disturbi di interazione con il proprietario, alterazioni del ciclo sonno-veglia, perdita delle corrette abitudini eliminatorie, depressione o apatia) sono assai meno riconosciuti e, molto spesso, interpretati nell’ottica di un normale, quanto inevitabile, invecchiamento del proprio animale.
A riprova di questa affermazione, è anche il fatto che sono i proprietari di cani di età inferiore ai sette anni a riconoscere con più facilità i segni clinici di CDS, non considerandoli ancora parte di un fisiologico processo di invecchiamento e, dunque, preoccupandosi di riferirli al veterinario di fiducia.
Il dato concorda con altre indagini che, da una parte, rivelano come la CDS sia una diagnosi sicuramente sottostimata nel cane anziano; e, dall’altra, allertano i proprietari a rivolgersi al veterinario, non appena compaiano uno o più “campanelli d’allarme” di un possibile invecchiamento cerebrale patologico. La posta in gioco è alta: quella di prevenire per tempo l’insorgere di situazioni patologiche, come appunto le disfunzioni cognitive o le demenze senili, che possono gravemente compromettere la qualità di vita del pet anziano.