Cistite felina: la sindrome di Pandora
Con una review di comparazione tra cistite della donna e del gatto, Tony Buffington, uno dei massimi esperti internazionali di Urologia Veterinaria, avanza la proposta di adottare per la cistite felina il termine di “sindrome di Pandora”. Perché?
Innanzitutto per la caratteristica della “comorbidità”: la coesistenza cioè di segni patologici riferibili ad altri organi oltre a quelli propri dell’infiammazione cronica delle basse vie urinarie. Per il gatto, in particolare, sono ormai molte le evidenze cliniche che sottolineano l’associazione tra cistite idiopatica ed altre malattie, di natura comportamentale, cardiovascolare, endocrina e gastrointestinale. Tanto da dare corpo all’ipotesi di Buffington che più che di una malattia delle basse vie urinarie si debba parlare di un disturbo che coinvolge anche (e non solo) questo distretto.
Ma la terminologia “sindrome di Pandora” trova ancora giustificazione nella combinazione delle molteplici anomalie, sia intra- che extra-vescicali, che accompagnano la cistite del gatto. Buffington spiega le alterazioni funzionali ed anatomiche dell’epitelio vescicale (urotelio), ivi compresi i difetti dello strato uroteliale di glicosaminoglicani, ed il significativo aumento dei mastociti sottomucosali in attivo stato di degranulazione. E riserva altresì un ruolo eziopatogenetico di primo piano anche alle modifiche nervose, arrivando a considerare la cistite alla stregua di una persistente iper-reattività del sistema di risposta, periferica e centrale, allo stress.
Ripercussioni pratiche di questa visione allargata del problema “cistite”? Impostare la valutazione del paziente gettando uno sguardo clinico anche “al di fuori della vescica”, e, conseguentemente, adottare strategie multimodali, farmacologiche, nutraceutiche ed ambientali, in grado di contrastare i molteplici meccanismi responsabili dell’infiammazione cronico-ricorrente del tratto urinario inferiore.