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Osteofiti: buoni o cattivi?

Gli osteofiti – ovverossia quei caratteristici speroni ossei che contraddistinguono l’artrosi – sono buoni o sono cattivi? Stabilizzano le articolazioni affette da degenerazione o sono soltanto fonte di dolore e, come tali, vanno rimossi quanto prima? Intorno a questo importante quesito si è svolto un workshop dell’OARSI (Osteoarthritis Research Society International), ora pubblicato su “Osteoarthritis and Cartilage”, rivista ufficiale dell’Associazione.
Osteofiti: buoni o cattivi?

“Ci sono tre tipi di osteofiti: quelli da trazione, che nascono come fisiologica risposta allo stiramento nelle zone inserzionali di tendini e legamenti; quelli infiammatori, rappresentati dai sindesmofiti presenti nei punti in cui tendini e legamenti si raccordano con l’osso; ed, infine, i veri osteofiti, o meglio osteocondrofiti, che nascono per metaplasia della membrana sinoviale in cartilagine, nelle zone di rivestimento dell’osso”. Così, Menkes e Lane aprono l’workshop dell’OARSI – pubblicato nel primo supplemento 2004 della rivista “Osteoarthritis and Cartilage” – per poi interrogarsi su un annoso dilemma: che significato hanno le neoformazioni ossee che costantemente compaiono in corso di artrosi? Sono un meccanismo compensatorio che l’articolazione mette in atto per ridistribuire carichi e forze e, dunque, rappresentano una protezione aggiuntiva nei confronti della cartilagine che va via via degenerando? Oppure, sono solo una fastidiosa fonte di dolore articolare e, in quanto tali, vanno drasticamente eliminati? “Tutto dipende – sostengono i due reumatologi – dalla loro localizzazione, dalle dimensioni e dallo stadio della malattia. In un’artrosi avanzata degli arti inferiori, ad esempio, gli ostecondrofiti hanno sicuramente un risvolto benefico, rappresentando un valido elemento di stabilizzazione articolare. Nella colonna vertebrale, invece, sono quasi sempre molto dolorosi e, dunque, hanno solo un significato nocivo.”
Altra domanda: si è mai trovata una correlazione tra gravità dell’artrosi ed osteofiti?
“Il famoso studio ECHODIAH [NdR: acronimo francese di “Effect Chondromodulateur de la Diacerheine dans l’Arthrose de Hanche”] aveva rilevato che l’assenza di osteofiti si associava ad un rischio più elevato di progressione dell’artrosi…
Un altro dato viene da uno studio sud-africano che differenziava una forma atrofica di artrosi – senza osteofiti, altamente distruttiva e a spiccata evolutività – da una forma ipertrofica, con presenza di osteofiti e bassa tendenza alla progressione.”
Nel complesso, il panorama è ancora molto confuso. Comunque, ci sembra di capire che qualcosa di buono possa esserci anche negli osteofiti.