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L’intelligenza dei nostri animali

Si intitola “Modelli cognitivi e comportamento animale. Coordinate d'interpretazione e protocolli applicativi” l’ultimo libro con cui Roberto Marchesini (nella foto) ci aiuta a capire l’intelligenza dei nostri animali.
L’intelligenza dei nostri animali

Roberto Marchesini non ha certo bisogno di presentazione per chiunque si interessi di problematiche del mondo animale: epistemologo, saggista, presidente SISCA (Società Italiana di Scienze Comportamentali Applicate), Direttore della scuola di interazione uomo animale (SIUA), nonchè della collana “Neobiologie” e del periodico “Quaderni di bioetica”, docente di scienze comportamentali applicate in alcuni atenei italiani. Una lista di titoli davvero lunga per questo eminente studioso, ritenuto il principale responsabile della diffusione del pensiero zooantropologico in Italia. Quella corrente etico-filosofica applicata alla scienze veterinarie, che si propone di superare la limitante dicotomia tra uomo ed animale e di sostituirla con l’intima simbiosi tra queste due specie, pur nel rispetto delle caratteristiche specie-specifiche.
“Modelli cognitivi e comportamento animale” è l’ultimo libro con cui Marchesini spiega l’approccio cognitivo all’interpretazione del comportamento degli animali. Un’ennesima stimolazione da parte dello studioso di zooantropologia per farci avvicinare alla loro intelligenza, con gli occhi non tanto della somiglianza o della sovrapposizione con i nostri comportamenti, quanto piuttosto con quelli della pluralità dei diversi apprendimenti cognitivi. Vale la pena di riportare quanto dice Marchesini in quarta di copertina: “Affermare che un animale sia stupido, fare una classifica dell’intelligenza delle varie specie, ritenere che il modello cognitivo del non-umano sia una versione primitiva rispetto a quello dell’essere umano, chiedersi il livello introspettivo del processo per assegnargli la patente cognitiva, significa porsi al di fuori dell’esplicazione evoluzionistica, peraltro applicata per le altre funzioni. L’olfatto di un cane, l’apparato gastroenterico di un bovino, il femore di un cavallo, l’orecchio interno di un gatto, le pinne di un delfino, gli occhi del falco – solo per fare qualche esempio – non vengono ritenuti incomparabili con le strutture presenti nell’uomo, né ci si preoccupa di dichiarali inferiori o primitivi. E la comparazione in anatomia o in fisiologia non è un semplice paragone con l’uomo, bensì l’ordinamento di morfologie e funzioni in una scacchiera complessa di famiglie e di specializzazioni. Al contrario, quando si tratta di valutare il sistema neurobiologico, si dimentica il dettato darwiniano, ove la diversità specie-specifica non è mai minorità o approssimazione e tanto meno ancestralità, ma diversa dotazione, correlata ad un percorso adattativo differente, ove non c’è posto per gerarchie, progresso, perfezione, ma solo per parentele e specializzazioni”.
Dedicato a chiunque senta il desiderio di capirsi di più anche attraverso l’analisi dei comportamenti animali.