Anche i gatti invecchiano
Meno conosciuta, ma altrettanto invalidante di quella che colpisce il cane, la CDS del gatto è oggi considerata una delle sindromi comportamentali che più seriamente possono compromettere il benessere del nostro felino di casa durante l’età anziana e geriatrica.
A spiegarne le ragioni sono tre noti comportamentalisti canadesi, che iniziano la loro review descrivendo l’articolato quadro di segni clinici che accompagnano questa forma di demenza senile nella specie felina: dalle vocalizzazioni notturne, al disorientamento, alle alterate abitudini eliminatorie, all’irrequietezza. Segni di disagio, spiegano gli esperti, che anche nel gatto si correlano a specifiche alterazioni neurodegenerative (es. depositi diffusi di amiloide A-beta), piuttosto che a diminuite performance mnemoniche e cognitive, valutate con test neuropsicologici applicabili anche al gatto.
Che atteggiamento adottare nei confronti di un gatto che, specie dopo i dieci anni, può essere affetto da disfunzione cognitiva? I comportamentalisti indicano un approccio “pro-attivo” con cui il veterinario può aiutare il proprietario a riconoscere i segni di disagio comportamentale del proprio gatto anziano e, soprattutto, può pianificare per tempo le più opportune strategie terapeutiche. Tra queste, si parla non solo di misure farmacologiche ed ambientali, ma anche di interventi dietetici e nutrizionali, adatti a prevenire e/o contrastare le alterazioni neurodegenerative età-correlate. A questo proposito, Lansberg e Co. parlano di Senilife: il supplemento nutrizionale che, grazie ai suoi componenti (fosfatidilserina, resveratrolo, Ginkgo biloba, vitamina B6 e vitamina E) ha già dimostrato di possedere importanti effetti di neuroprotezione e di potenziamento dei processi mnemonici e cognitivi nel cane anziano.