Artrosi del cane: nuovi dati EBM
Il panel di esperti, tra cui figura il noto ortopedico italiano Aldo Vezzoni, ha usato tre database di letteratura scientifica (Medline, Scopus e ISI Web of Knowledge) per selezionare i lavori che, dal 1985 al 2007, hanno indagato i diversi trattamenti usati per l’artrosi del cane. Obiettivo: determinare la “strength of evidence” degli studi pubblicati, in modo da indirizzare le scelte del clinico verso quelle opzioni di management combinato maggiormente supportate da evidenze cliniche di comprovata qualità.
I numeri. Dei 68 articoli selezionati, quattro studi riguardavano terapie alternative (es. agopuntura), uno riguardava gli alimenti funzionali, cinque gli agenti intrarticolari, otto i nutraceutici, più di 40 gli antinfiammatori, due le tecniche fisioterapiche, tre gli approcci chirurgici ed, infine, tre valutavano l’efficacia del controllo del peso.
Gli Autori decretavano per meloxicam, carprofen e firocoxib un “high level of comfort”, come diretta conseguenza della pubblicazione di studi clinici randomizzati, a sostegno della loro efficacia “symptom-modifying” nell’artrosi canina. Ascrivevano altresì al “moderate level” della piramide delle evidenze EBM un altro FANS (etodolac) ed i condroprotettori condroitin solfato e glucosamina. Un cocktail di altre sostanze – dall’acido jaluronico alla doxiciclina, al pentosan polisolfato – alcune terapie riabilitative ed alternative e la chirurgia venivano, infine, posizionate nella categoria della “weak evidence”.
Sicuramente, questa review sistematica rappresenta un passo importante verso la sistematizzazione dei dati clinici oggi disponibili nel settore del management combinato dell’artrosi del cane. C’è da dire che i criteri di inclusione adottati possono rappresentare un limite per una visione globale delle terapie anti-artrosiche: sia perché generano risultati diversi da quelli pubblicati in altre revisioni sistematiche [v. Aragon et al, JAVMA, 2007]; sia perché possono trascurare trial, ugualmente pubblicati in riviste referate, impostati sulla valutazione di parametri – strutturali, biochimici, metabolici e molecolari – assai più consoni di quelli strettamente clinici a testare l’efficacia di un trattamento anti-artrosico “di fondo”.