Artrosi: il futuro è nei marker
Ali Mobasheri (Università di Nottingham) ed Yves Henrotin (Università di Liegi) sono due noti ricercatori, da tempo impegnati nella disamina dei meccanismi biochimici e molecolari di artrosi, la malattia considerata la causa dell’80% delle zoppie di pertinenza veterinaria.
Con la loro ultima pubblicazione, i due studiosi intendono porre l’accento sul trend di ricerca in questo settore per i futuri dieci anni: l’individuazione e la validazione di biomarker specifici, in grado di risalire, attraverso l’analisi del sangue e delle urine, allo stadio dell’artrosi, oltre che di diagnosticarla nelle fasi precoci, stabilirne la prognosi e valutare l’efficacia dei trattamenti prescelti.
Di biomarker artrosici ne esistono già. Si tratta, in particolare, dei cosiddetti “neo-epitopi” generati dalla degradazione enzimatica delle macromolecole, collageniche e non, della matrice cartilaginea. Ma, precisano Mobasheri ed Henrotin, non possiamo ancora considerarli indicatori “ideali” di questa malattia, dato che raggiungono livelli quantificabili nei diversi fluidi biologici quando già degenerazione cartilaginea ed infiammazione sinoviale si sono instaurate da tempo.
L’ambizioso obiettivo è dunque quello di lavorare sull’identificazione di un vero e proprio “panel” di marcatori biologici, dotati di importanti significati clinici: da indicatori non invasivi nella diagnosi e nella prognosi della malattia, a sistemi di valutazione della risposta farmacoterapeutica, a fattori di individuazione dei soggetti “a rischio” e, dunque, elementi imprescindibili per aumentare le opportunità di prevenzione stessa della malattia artrosica.