Ferite: importante pulire
David Leaper – Professore di Chirurgia all’Università di Newcastle ed autore di più di 100 pubblicazioni sul trattamento delle ferite chirurgiche – scrive su WWW un’esaustiva review sul cosiddetto “sharp debridement”, quella tecnica, cioè, che consente, utilizzando forbici e bisturi, di rimuovere dal letto della ferita corpi estranei e residui necrotici/devitalizzati, esponendo i sottostanti tessuti sani e favorendo, in tal modo, la riparazione.
Perché un accurato debridement? A questa domanda, Leaper risponde: “Sono molte le ragioni che impongono di effettuare con estrema attenzione questa fase iniziale del management di una ferita. Innanzitutto, i tessuti morti fungono da substrato per la crescita batterica e la presenza di corpi estranei o residui necrotici può generare una risposta infiammatoria eccessiva, a sua volta responsabile di probabili reazioni settiche sistemiche. Infine, i tessuti necrotici interferiscono con la contrazione della ferita, tappa essenziale nel caso di chiusura per seconda intenzione.”
Dopo aver rapidamente passato in rassegna le altre metodiche di debridement (meccanico, autolitico, chimico, biologico, enzimatico), Leaper si sofferma sulla procedura di quello chirurgico, elencando una serie di considerazioni preliminari, in particolare mirate a valutare le caratteristiche della ferita, in termini di localizzazione anatomica, natura del materiale da asportare, presenza di ischemia, rischio di diffusione dell’infezione o coesistenza di sottostanti malattie sistemiche. “Resta comunque il fatto – conclude il chirurgo – che il debridement richiede sempre grande esperienza ed abilità. Solo con questi requisiti, si possono ottenere ottimi risultati in termini di esiti riparativi ed assenza di complicazioni.”
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