Stomatite felina? Fuori moda
Siamo abituati da sempre a parlare di “stomatite felina”, applicando questo termine a qualsivoglia stato infiammatorio interessi la bocca del gatto. Usando la propria rivista ufficiale, la società degli odontoiatri veterinari americani (AVDC, American Veterinary Dental College) dichiara ora la necessità di porre rimedio a questa indefinitezza nosologica. Per questo, propone l’introduzione nella pratica clinica della dizione ad ombrello di “infiammazione oro-faringea”, all’interno della quale trovano spazio ben 13 sotto-entità, identificate in base al tratto di mucosa orale interessata dalla flogosi. Tra queste, la mucosite alveolare, labiale o caudale, la cheilite, la gengivite, la tonsillite, la palatite, la glossite, la periodontite e l’osteomielite.
L’AVDC traccia anche una vera e propria carta d’identità dell’infiammazione oro-faringea del gatto: eziologia multifattoriale (dall’intolleranza alla placca, alla predisposizione genetica, allo stress, alle infezioni virali e batteriche); età media di comparsa intorno ai 7 anni; corredo sintomatologico estremamente vario, fatto di sintomi locali (es. scialorrea, alitosi, incapacità ad aprire la bocca), ma anche di segnali di sofferenza sistemica (es. perdita di peso) e comportamentale (es. aggressività e riduzione delle abitudini di toelettatura); terapia multimodale che all’estrazione, parziale o totale, dei denti abbina misure preventive di igiene e cura del cavo orale, piuttosto che l’uso di supporti nutrizionali coadiuvanti il controllo della risposta iper-reattiva ed infiammatoria della mucosa orale felina.